La “Mola” e la “Pietrascritta”.

Storia e archeologia in Sabina

La Mola

L’Archivio Storico Comunale, conserva una NOTIFICAZIONE del 22 Agosto 1866, a cura della Prefettura dell’Umbria – Circondariato di Rieti, riguardante il permesso di profittare delle acque del fosso detto dell’Obito per la erezione di un mulino a grano. Di li a poco tempo fu edificata la “Mola”, che si aggiungeva a quelle presenti nel “complesso di Pian delle Mole”, posto nel fondo valle alla confluenza tra il fosso dell’Ovito e l’allora fiume Turano.

L’intervento di restauro dell’edificio della ex Mola Comunale”, ideato e finanziato nell’ambito del programma dell’Unione Europea denominato “Albergo Diffuso”, è stato realizzato nel corso dell’anno 2001. Poco tempo fa avevamo un rudere che, passando di li, ci riempiva di tristezza; oggi abbiamo uno splendido edificio che ci riempie d’orgoglio.

L’”ostello” realizzato, modesto nelle dimensioni, ma gradevolissimo ed estremamente suggestivo per la localizzazione quasi drammatica nelle forre dell’orrido dell’Obito e per la musicalità travolgente e vivificante delle acque impetuose del fosso, speriamo che possa entrare al più presto nel circuito delle offerte turistiche della Riserva Naturale e della Valle del Turano. Speriamo sia parte dignitosa della specifica comunicazione promozionale e possa essere a pieno titolo presente alla prossima Borsa Italiana del Turismo ed, in specie, di quello giovanile. Recuperato l’edificio, si tende ora a recuperare anche le strutture di adduzione dell’acqua che girava la turbina dell’ex mulino, e quelle di accumulo dell’acqua stessa (refote) nonché l’intero macchinario che consentirà di rivedere, e di scoprire da parte dei ragazzi, l’intero procedimento di macinazione del grano e di produzione della farina secondo gli antichi e suggestivi criteri: un vero centro di interesse naturistico e didattico.

Curiosità sulle mòle ed il macinato:

Per quanto riguarda il complesso di “Pian delle Mole”, anche se rileggibile solo da alcuni ruderi che emergono dal Lago Turano, c’è da dire che ha rappresentato un elemento “vitale” per l’economia locale dei secoli scorsi. Contro l’introduzione della tassa sul macinato, ci furono nelle nostre zone delle vere e proprie sommosse popolari con la complicità delle autorità locali. … Disordini alle Mole – Atti di Polizia 13/08/1848 – <<27/06/1848 … dopo aver caricato d’ingiurie quel Ministro … e prepotentemente aperta la mòla, volle ridurre a farina il grano che portava senza pagamento di dazio>> <<03/08/1848 … 13 persone tra cui tre donne, armate di accette, bastoni, … ed altri rustici istrumenti e con minacce d’incendio obbligarono i mugnai ad alzarsi dal letto>>.

Un episodio più moderno (1944) e più leggero riguarda un popolare mugnaio che, colto a macinare grano senza “tessera” e tradotto in giudizio presso il tribunale di Rieti, si difese argomentando che trattatavasi non di grano ma di “sciattume” (granaglie da scarto) utile a ravviare la mola (in qualche modo, a “rinsaporirla”) dopo un periodo di fermo; ed al giudice che, non cogliendo il significato del termine dialettale ribadiva l’accusa di aver macinato grano, replicò stizzoso e fermo:<<Oh’ fregna collo ranu! Era sciattume>>. E andò assolto. (Sergio Spagnoli)

La Pietrascritta

Poco distante dal paese (circa 2,5 Km), nelle vicinanze del fiume Turano, si trova la " Pietra Scritta". Con questo termine viene comunemente designato il monumento sepolcrale della famiglia dei Muttini.

Caratterizzato da una difformità nella sua struttura, evidente soprattutto nel lato nord-est la cui lavorazione non è stata ultimata, il monumento presenta la fronte volta verso il fiume Turano. Il sepolcro, è stato ricavato da un masso staccatosi in antico dalla parete rocciosa soprastante ed è stato modellato tenendo conto delle caratteristiche originali del monolito. Il monumento che si imposta su di un basamento che presenta su tutti i lati una cornice modanata, ha un corpo con pianta quasi quadrangolare ed uno sviluppo tronco-piramidale. La parte superiore doveva probabilmente essere regolarizzata con elementi architettonici, che ne completavano la monumentalizzazione.

Al di sotto del basamento era stata ricavata una cavità, oggigiorno non visibile, che doveva accogliere le spoglie di due inumati, mentre un pozzetto ricavato sulla faccia superiore doveva custodire le ceneri di un terzo defunto. L’iscrizione si sviluppa su tre righe e, a causa degli agenti atmosferici, risulta oggi in parte compromessa:

P(ublius) Muttinus P(ubli) filus, pater 

Clodia, mater 

P(ublius) Muttinus, P(ubli) f(ilius), 

Ser(gi tribu), Sabin(us), f(ilius)

Come attesta la formula onomastica solo il figlio, ascritto alla tribù Sergia, è cittadino romano di pieno diritto, mentre il padre Pubblio Muttino è un ingenuus e la madre Clodia è menzionata con la formula onomastica limitata solo al gentilizio. Il monumento funerario del tipo a dado, si può datare tra gli ultimi anni della repubblica e la prima età imperiale e più precisamente nella seconda metà del I secolo a.C.

Il presente articolo è stato pubblicato su gentile concessione della Pro-loco di Paganico Sabino (e-mail: proloco@paganicosabino.org )